L'auto Made in Italy detta la sua ricetta anti crisi e anti covid
Il covid e la crisi che ne è derivata hanno colpito duramente un settore come quello dell’auto, che stava affrontando già una serie di problemi e quindi è stato necessario trovare una nuova ricetta per contrastare questa tendenza. La scelta, contrariamente a quello che avveniva in precedenza, cioè la diversificazione di linee e modelli, è divenuta quella opposta, cioè il fare "rete" con aggregazioni, puntando anche su aiuti dal punto di vista economico e da quello delle normative per il settore.
Uniti si vince
Questo sembra essere il "must" dei prossimi anni, ma per poter ottenere dei risultati è necessario che le unioni siano fatte "bene" utilizzando i giusti strumenti, sia dal punto di vista della finanza che della politica. Le alleanze e le fusioni nel settore dell’auto negli ultimi anni sono aumentate con l’intento ultimo di arrivare ad una redditività maggiore, realizzando delle economie di scala. L’ultimo episodio che conferma questa tendenza è quello di Stellantis, che per ottenere delle nuove sinergie in un mercato sempre più globalizzato, ha unito due gruppi già molto forti e ben piazzati sul mercato dell’auto, FCA e PSA.
La filiera analizza sé stessa
L’ANFIA, che è una associazione che unisce tutte le aziende impegnate a vario titolo nella "filiera" dell’auto, ha analizzato, nel corso delle ultime settimane, gli effetti provocati sul mercato dalla campagna incentivi, guardando principalmente al fatturato, ed ora ha presentato uno studio nel quale vengono messe in evidenza la propensione delle aziende italiane all’aggregazione, oltre che le soluzioni più efficaci per uscire da quella che è stata efficacemente battezzata come la crisi "post covid". Questo studio è basato su una serie di interviste a delle aziende che fanno parte del settore e sono situate nel centro nord dell’Italia, compresi i fornitori di componenti destinati ad aziende estere. I dati emersi dalla ricerca hanno confermato che la crisi economica era già in corso prima dell’avvento della pandemia, che l’ha oltre più accentuata. Secondo il 38% delle aziende intervistate, il fatturato complessivo delle aziende dell’indotto del settore auto stava già sommando delle forti perdite negli anni dal 2016 al 2019 e la pandemia ha rappresentato dunque il colpo di grazia.
Aggregazione vs specializzazione per superare le difficoltà
La fotografia attuale della situazione italiana è particolare in quanto la maggior parte del tessuto imprenditoriale è composto da imprese di piccole e medie dimensioni. Negli anni precedenti queste imprese avevano cercato di farsi spazio nel novero del complesso puntando ad una maggiore specializzazione e non alle sinergie con altre imprese del settore. La gran parte delle aziende interpellate per la realizzazione dello studio, sono aziende il cui fatturato annuale resta sotto i 25 milioni di euro, contando, almeno per un 40% del totale su commesse provenienti dall’estero. Dallo studio si evince il primo nodo della strategia, in quanto almeno il 75% degli intervistati non ritiene collegato l’aumento del fatturato alla crescita numerica dell’azienda, e che sia possibile invece ottenere questo aumento senza necessariamente espandersi. Una contraddizione con un altro numero che è l'84% che ritiene che i grandi produttori abbiano maggiore propensione a rivolgersi ad aziende caratterizzate da maggiore solidità e dimensioni.
I punti deboli della sinergia
Gli imprenditori più reticenti verso lo scenario dell’aggregazione e della sinergia sono quelli che si preoccupano per gli aspetti gestionali, temendo di perdere la loro autonomia ed il controllo dell’azienda, oltre che salvaguardare l’occupazione. Riassumendo i manager italiani intervistati temono le fusioni soprattutto per il timore di perdere il controllo dell’impresa e di vedere diversificato il proprio ruolo. Sono inoltre preoccupati per la perdita di forza lavoro che potrebbe arrivare grazie a razionalizzazioni e tagli che avvengono sempre dopo le fusioni e le acquisizioni di aziende. Oltre a questo esiste la convinzione, ribadita anche dal presidente di ANFIA, Paolo Scudieri, durante la presentazione dello studio, che queste fusioni e collaborazioni possano puntare solo al risultato nel breve periodo, senza avere sbocchi continuativi nel lungo.
Gli aspetti positivi
Gli intervistati si sono comunque trovati d’accordo su altri punti. Il primo, con l’85% di risposte positive è quello che riguarda la necessità di proseguire con le innovazioni tecnologiche, seppure un numero molto sostanzioso di aziende, circa il 70%, ha dichiarato che la quota di investimenti in questo settore specifico non supera il 6% del fatturato annuo, e le aziende che arrivano ad una quota del 10%, sono in numero minore del 10%. Su questo punto può arrivare per le aziende che si propongono di interagire, il massimo dei benefici. Sono infatti quasi il 50% le imprese che considerano le sinergie in questi ambiti come prioritarie, con maggiore propensione verso questo aspetto che verso quelli della solidità finanziaria e della condivisione dei prodotti. Un’altra opportunità che piace circa al 75% delle aziende intervistate è quella di sfruttare digitalizzazione e mobilità.
La questione è legata maggiormente alla politica che ai soldi
La filiera nostrana del settore auto è ancora trattenuta nella ricerca delle sinergie, anche se questo potrebbe portare a vantaggi come certificato da quelle finora messe in piedi. Secondo il 60% degli intervistati la questione principale non è quella legata alle capacità di investimento delle aziende ma alla mancanza di una politica industriale adeguata alla situazione, come indica circa il 34% degli intervistati. Per il 71% per sbloccare la situazione è necessario un intervento governativo.